Ospedale Mazzini, sospetto caso di 'mucca pazza': scatta il protocollo di sicurezza ma non c'è allarme

TERAMO – Potrebbe essere il morbo di Creutzfeldt-Jakob, variante umana del ‘morbo della mucca pazza’ o encefalopatia spongiforme bovina (Bse), la causa di morte di un pensionato 77enne, avvenuta nel reparto di neurologia dell’ospedale Mazzini nel fine settimana scorso. Nonostante le precauzioni adottate in base al protocollo previsto in questi casi dall’azienda sanitaria locale, la preoccupazione, ingiustificata, tra i residenti nella frazione dove l’uomo viveva, a Varano, si è sparsa a macchia d’olio nel giorno dei suoi funerali, celebrati nel Santuario della Madonna delle Grazie.
Questo perché le notizie sulle cause del decesso del 77enne, ricoverato dai primi del mese e deceduto il 22 dicembre, sono state poche e confuse.
La possibilità che il paziente fosse affetto da Encefalopatie Spongiforme Trasmissibile (Tse), è stata diagnosticata dai neurologi del Mazzini che avevano ricoverato l’uomo con tutte le accortezze previste dalle linee guida, ad esempio in una camera di degenza singola, anche se questa è precauzione non prevista. L’infettività della malattia, infatti, è legata alla proteina, il prione, presente nel tessuto cerebrale che è l’obiettivo di questa malattia degenerativa del sistema nervoso centrale. Una volta deceduto il paziente, la direzione sanitaria di concerto con l’Unità operativa, ha disposto il prelievo del materiale biologico necessario per la conferma di diagnosi, vale a dire cervello e liquido cefalo-rachidiano (il liquor) dove è possibile isolare la proteina-prione degenerata caratteristica del morbo. Una patologia estremamente rara, che ha una incidenza di un caso su un milione di persone e che nella nostra provincia, in una decina di anni, assomma a una mezza dozzina i casi registrati.
Si diceva della ingiustificata preoccupazione che ha assalito chi aveva conosciuto il paziente deceduto e che aveva condiviso con lui la vicinanza nella frazione e i rapporti quotidiani. Apprensione vana, dicono gli esperti, perché la trasmissibilità della patologia è rischiosa soltanto per esposizione accidentale tra tessuti e materiali organici di persone affette dall’encefalopatia e dunque più alta per gli operatori sanitari venuti a contatto con l’uomo. Ma la statistica registrata dall’Organizzazione mondiale della sanità tranquillizza al caso: nel mondo sono stati segnalati una trentina di casi, con maggioranza del numero di medici soprattutto di sala operatoria, ma nessuno in Italia. Questo perché i protocolli sono abbastanza rigidi e anche al Mazzini di Teramo è stato applicato con severità. Anche il prelievo a decesso avvenuto e dopo verifica di morte cerebrale è stato eseguito con le attrezzature e i dispositivi di sicurezza previsti e la sigillatura del feretro effettuata da personale specializzato. Le analisi sui campioni sono stati affidati a un laboratorio specializzato di Bologna, che dovrebbe tornare gli esiti nei prossimi giorni: l’encefalopatia sospetta potrebbe essere quella tipica della Bse o della mucca pazza, morbo che all’inizio del secolo ha allarmato e non poco l’intera comunità europea. L’incubazione molto lenta (addirittura fino a 40 anni) ne ha reso difficile la diagnosi a lungo, ma adesso questa variante è in fase di definitiva eradicazione. Poteva essere contratta con il consumo di carne bovine di quelle parti anatomiche dell’animale più vicine agli organi con prione modificato, vale a dire il cervello e la colonna vertebrale. Un sospetto che mise al bando per anni la famosa bistecca alla fiorentina. In realtà le encefalopatie spongiformi trasmissibili sono note dagli anni ’20 e hanno avuto sempre la stessa incidenza, ovvero evento molto raro dal verificarsi.